All’inizio era una faccenda di guerra, anzi di soldati. Soldati feriti lasciati morire insieme ai morti, soldati agonizzanti dimenticati in ritirata, soldati fuori combattimento fatti fuori del tutto – meglio esser sicuri...
E poi c’erano i soldati in mare.
E poi si sono aggiunti i prigionieri di
guerra.
E i civili, gente che non prende parte al
conflitto armato, persone indifese che hanno la sciagura di ritrovarcisi in
mezzo alla guerra. Vulnerabili.
Le quattro Convenzioni di Ginevra (1949) e
i tre protocolli aggiuntivi proteggono, durante
un conflitto armato, queste quattro categorie di persone: soldati feriti o
comunque impossibilitati a combattere, prigionieri di guerra, civili e
personale medico-sanitario. E queste convenzioni rappresentano il nucleo
fondante l’attività del Comitato Internazionale di Croce Rossa per la
protezione delle persone più vulnerabili durante un conflitto armato. È nato 150 anni fa, e oggi ce n’è più bisogno che mai.
La pace è un’utopia e le guerre
probabilmente non si possono davvero evitare, ma una cosa la si può fare: limitare
le sofferenze inutili e proteggere le persone più vulnerabili e chi non prende
parte al conflitto armato. Da quest’idea di Herny Dunant nel 1864 nasce, con la
prima Convenzione di Ginevra, la Croce Rossa.
E oggi 8 maggio si ricorda la nascita
(1828) dell’uomo da cui è partita la più grande organizzazione umanitaria del
mondo, ma soprattutto un’idea di umanità e uguaglianza che continuiamo a
dimenticare.
Negli anni il Movimento Internazionale di
Croce Rossa e Mezzaluna Rossa si è evoluto e sviluppato per proteggere i più
vulnerabili non solo in tempo di guerra, ma anche in tempo di pace: catastrofi naturali, epidemie, migrazioni, ricongiungimento familiare, assistenza sociale
e campagne di prevenzione, educazione sanitaria e di primo soccorso.
Faccio parte di questo movimento da quindici
anni, è parte di me e mi emoziono quando ne parlo perché mi ha fatto crescere e
imparare molto. E perché per me rappresenta un’idea di responsabilità: in ogni
momento ognuno di noi può fare del male a qualcun altro, ma può anche far del
bene.